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mercoledì 24 maggio 2017

VIDEODROME - IMMAGINI IN MOVIMENTO



TWIN PEAKS (1990-)

È il 1990, l’inizio dell’ultimo decennio di fine secolo. Il cadavere di Laura Palmer venne rinvenuto avvolto in un telo di plastica, sulle coste del fiume, da Pete Martell. L’uomo era uscito di buon mattino nella sua proprietà per andare a pesca. La morte di quella ragazzina di neanche diciotto anni scosse inevitabilmente la sonnolenta e ovattata Twin Peaks, montagnosa e ventosa cittadina all’estremo nord degli States, sul confine con il Canada. Per farvi capire meglio quanto è piccola, basta dire che il dipartimento di polizia è composto da solo tre agenti, cui è compreso anche lo sceriffo, Harry S. Truman. In un posto simile si conoscono tutti, per questo il delitto è ancora più terrificante e getta i cittadini nell’angoscia: un assassino, o forse ancora peggio, un vero e proprio Mostro, di quelli che si leggono nelle tremende cronache quotidiane, si nasconde tra le loro tipiche dimore di provincia. Nessuno immaginava che la tranquilla, placida Twin Peaks avrebbe potuto covare qualcosa del genere, vissuta sempre in una specie di limbo. Il perpetuo incantesimo è ora rotto.
La stessa giornata del delitto, giunge in città un agente dell’FBI, Dale Cooper. E’ li’ per alcune strane similitudini con un altro omicidio (le modalità del ritrovamento, il telo, il bordo del fiume, e poi, la prova definitiva: una lettera infilata sotto le unghie) avvenuto due anni prima vicino Washington.
I federali scandagliano la vita di Laura Palmer, portano in superfice realtà scomode e insospettabili, non solo riguardo la giovane, ma di tutto il sottobosco della ‘ventosa’ cittadina. Ma in questo anfratto a volte grottesco quanto il reame del sogno, albergano anche veri e propri Incubi. Qualcosa di impalpabile, un’entità, si aggira dentro la casa dei Palmer, e solo la madre di Laura, e la nipote sembrano in grado di percepirla.
Fortunatamente le indagini dell’agente Cooper non si diramano solo sul lato fisico, ma anche in quello metafisico…

La prima stagione, che ha per filo conduttore l’indagine sull’omicidio della Palmer, oltre ad essere un classico procedural-police, è un connubio tra quello che Lynch stava per divenire, e ciò che ancora lo ancorava alla realtà. Anche se non tutte le puntate sono girate da lui, si percepisce sempre la sua atmosfera. Fino al climax finale della stagione che per la prima volta a livello televisivo decideva di sfidare il pubblico e di lasciarlo per sei mesi pieno di punti interrogativi. Faceva leva su una sensazione nuova che si stava propagando riguardo la serialità della programmazione, roba che oggi è all’ordine del giorno, che abbiamo vissuto un po’ tutti se siamo stati vittime di una serie. Per tutta quella calda estate siamo rimasti a domandarci “Chi ha ucciso Laura Palmer?”,  cercando risposte nel suo intimo diario, i pruriti di una diciassettenne alla scoperta del sesso. Finchè l’anno seguente riprese la programmazione, e allora niente fu davvero come prima.
L’appuntamento con la seconda stagione fu maggiore a qualsiasi aspettativa. Durante l’indagine l’agente Cooper scopre, non si sa se in attinenza all’entità e alla dimensione in cui alberga, anche che a Twin Peaks c’è una base militare che studia messaggi alieni, messaggi che a volte s’intrecciano proprio con l’indagine stessa.
Twin Peaks regge perfettamente qualsiasi ghirigoro finché non si scopre l’esistenza dell’entità di nome Bob, e soprattutto il corpo che lo sta ospitando, responsabile degli omicidi, rispondendo finalmente all’insistente quesito.

Come una qualsiasi ordinaria storia di Cronaca Vera, l’assassino è il padre che abusava della figlia. Ma c’è anche un altro livello, quello dell’entità che possedeva il responsabile dopo averne abusato da bambino, è lui la vera causa di tutto questo, solo che non può essere catturato.
Ci troviamo neanche a metà della seconda stagione, e la serie prosegue con Cooper che viene licenziato dall’FBI e decide di trasferirsi a in città, assunto dalla centrale di polizia. La vita a Twin Peaks va avanti, tra intrecci presi dalla più infida soap opera, e altre amenità di cui è davvero impossibile capirne il senso nel contesto dell’ambiente in cui c’eravamo ritrovati fino a prima. E anche lo spettro del passato di Cooper, per ravvivare il lato mystery, Widmore, perde pure il suo tempo per salire a catturare l’interesse, disperdendosi dentro accennati sogni Lynchiani e inutili fill-in. Sogni che ridestano dal torpore solo quando sono incubi, con Bob-l’Uomo Nero come protagonista. Bob continua a mantenere un filo conduttore in quel limbo telenoveliano in cui è sprofondata la serie, lui tiene accesa la flebile speranza dell’improvviso riscatto per i più ostinati, perché qualsiasi altro essere umano con un po’ di cervello avrebbe già mandato a cagare Twin Peaks e tutti i suoi filistei. E quel filo conduttore porta fortunatamente ad un finale di stagione che esprime tutte le potenzialità del progetto, ma che lascia l’amaro in bocca perché non conclude un bel niente. Apre nuove porte, nuovi intrecci, nuove realtà, e le lascia lì, in sospeso.
Oggi Twin Peaks supere sé stesso e tutta la serialità per l’ennesima volta, tenendo fede ad un appuntamento impossibile, quello di ricominciare dopo venticinque anni, come detto dal fantasma di Laura a Cooper nella Loggia Nera alla fine della seconda stagione. Un traguardo che sarà davvero impossibile uguagliare, o superare.


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